Con uno storico voto, la Svizzera decide di dire addio al nucleare. Il 58,2% dei cittadini, infatti, ha detto sì a un articolato piano del governo riguardo l’intero assetto energetico del Paese. I Verdi: “Un risultato storico che ci proietta nel futuro”.
Un successo sorprendente
Il risultato del referendum non era affatto scontato. In passato, in altre consultazioni, l’opinione pubblica svizzera non era parsa così convinta. Solo nel 2016 era stato bocciato un referendum promosso dai Verdi, nel quale chiedevano uno spegnimento più rapido dei reattori, entro il 2029. Per queste votazioni, i sondaggi prevedevano una vittoria del sì di appena il 53%. Il risultato, come abbiamo visto, ha decisamente superato le aspettative. Ma se a livello nazionale il risultato è stato del 58,2%, nelle grandi città la vittoria del sì è stata ancora più ampia.
Nei cantoni di Zurigo e Ginevra, infatti, il risultato è stato davvero netto. A Zurigo i “sì” sono arrivati attorno al 60%. Mentre a Ginevra l’addio al nucleare si è rivelato un plebiscito: circa il 70% di favorevoli.
Il nuovo piano energetico della Svizzera
Il piano validato dal voto popolare di ieri si articola in tre punti principali. Il primo punto riguarda lo spegnimento progressivo dei 5 reattori oggi attivi. Questi attualmente coprono un terzo del fabbisogno nazionale di elettricità. Per ogni spegnimento si attenderà il termine del suo ciclo di vita. La prima centrale nucleare a fermare i battenti dovrebbe essere quella di Beznau, situata nel cantone settentrionale di Aargau, non lontano dalla frontiera con la Germania. È attiva da ben 47 anni e ciò la rende la più vecchia centrale nucleare del mondo.
Il secondo punto del piano si incentra sull’incentivo ad aumentare il ricorso a fonti rinnovabili. Il governo svizzero, infatti, vuole evitare che il vuoto energetico lasciato dal nucleare venga colmato facendo ricorso a un aumento dei consumi di petrolio e gas. Il terzo punto si basa sull’impegno a tagliare i consumi individuali. Questa strategia punta, grazie all’efficienza energetica residenziale e industriale, ad un calo del 16% entro il 2020 e del 43% entro il 2035. La Svizzera ha stimato il costo che la manovra comporterà per le famiglie svizzere: 40 franchi (36,5 euro) all’anno in media rispetto ad oggi. Un aggravio che però potrà essere ampiamente compensato proprio grazie alle politiche di efficientamento.
Le controversie
Se il risultato delle urne è chiaro, lo è meno ome centrare l’ambizioso obiettivo fissato per il 2050. Almeno secondo l’opposizione. Infatti, secondo l’Udc il traguardo è irraggiungibile. Secondo il partito di centrodestra, questo piano energetico espone i cittadini svizzeri a un aumento delle tasse sui consumi energetici. Sempre secondo gli oppositori, questa riforma porterà ad un forte aumento della spesa pubblica per incentivare la produzione di energie alternative e ammodernare gli impianti domestici.
Il problema dei costi per la transizione dal nucleare al green, infatti, è tutt’altro che risolto. Anche la Società svizzera degli impresari e dei costruttori si augura adesso che venga garantito il fabbisogno di energia elettrica per le industrie e che il governo mantenga le promesse fatte in campagna elettorale. “Si tratta di un giorno storico per tutti gli ecologisti. Così il nostro paese potrà entrare nel Ventunesimo secolo energetico”, ha dichiarato la deputata dei Verdi Adèle Thorens Goumaz.
Il governo, inoltre, sottolinea un ulteriore aspetto. La nuova strategia potrà consentire di ridurre la dipendenza dall’estero, favorendo l’innovazione e i posti di lavoro in Svizzera. La Svizzera, dunque, segue la strada imboccata in passato dalla vicina Austria (e dall’Italia) e più recentemente dalla Germania. Infatti, anche il governo di Berlino ha deciso di uscire dal nucleare entro il 2022.