È ufficiale: siamo in quaresima. Dopo le gran mangiate e le grandi feste di Carnevale, in Italia e non solo, è arrivato il momento di astenersi dal cibo grasso. La quaresima è, infatti, quel periodo di quaranta giorni che intercorre tra la fine del Carnevale e la Pasqua. È un periodo di rinunce e penitenza, secondo i precetti della religione cattolica, soprattutto il venerdì, giorno di astinenza dal consumo delle carni. La carne è, infatti, il cibo lussuoso per eccellenza, nella nostra tradizione. La penitenza, però, non si limita al consumo di carne. L’astinenza va allargata a tutti i cibi grassi e “ricchi”.
La Quaresima e la storia
Com’è facile intuire, questo periodo di rinunce ha ispirato la cucina di magro, una cucina povera a base di verdure e pesce. E, una volta, questa era davvero una questione seria. In Quaresima era imperativo mangiare di magro. Fortunatamente siamo ben lontani dai tempi in cui far quaresima era un dovere cui non ci si poteva sottrarre. Addirittura, sotto il regno di Carlo Magno, chi trasgrediva mangiando carne veniva punito con la pena di morte. La lista degli alimenti proibiti comprendeva prima di tutto la carne e i grassi animali come strutto e lardo. Non erano concessi neppure i latticini e i tuorli delle uova. Di conseguenza, la cucina del periodo quaresimale era basata principalmente su pane, verdure, polenta, ortaggi, legumi e naturalmente il pesce.
I piatti tipici
Tradizionalmente, il vero protagonista della cucina povera era l’aringa. Il vero sostentamento della povera gente: arida e secca, ma forte di sapore ed economica. Il consumo di questa pietanza è particolarmente legato a Motta di Livenza, in provincia di Treviso. Il paese, nel 1499, venne assaltato dai Turchi provenienti dalla penisola balcanica. Speravano di avere vita facile, visto che la popolazione era distratta dai bagordi del Carnevale. Tuttavia, gli abitanti si accorsero del pericolo e l’attacco venne respinto. Il giorno dopo era il Mercoledì delle ceneri e non potevano esserci grandi festeggiamenti per la vittoria. La soluzione? Festeggiarono a colpi di polenta e aringa!
Altro cibo immancabile sulla tavola in tempo di quaresima è il baccalà. Viene consumato in ogni parte di Italia e ogni zona ha, negli anni, sviluppato una propria tradizione. In Liguria, troviamo stoccafisso in zimino, cotto con le bietole e baccalà con patate. In Veneto, invece, è celebre il baccalà alla vicentina, mentre, restando nel nord-est, in Friuli abbiamo il baccalà alla cappuccina con cannella, zucchero e un po’ di cioccolato. Scendendo nel nostro bellissimo stivale, l’Abruzzo propone il baccalà mollicato che viene dapprima lessato e poi finito di cuocere in forno. A sud, in Campania, è tradizione il baccalà alla napoletana, infarinato e fritto e quindi messo al forno con pomodoro fresco, capperi, olive, pinoli e uvetta. Infine, non mancano le specialità romane come il Baccalà in Guazzetto o in Agrodolce.
I piatti tradizionali di questo periodo, ovviamente, non finiscono qui. In Piemonte, vengono preparate delle lasagne di magro senza carne, con una salsa a base di burro, olio, acciughe, parmigiano e pepe. In Liguria, abbiamo il cappon magro, la cui preparazione è parecchio laboriosa. si parte da una base di pane abbrustolito insaporito con olio e aceto, al quale si sovrappongono strati di verdure e pesci di vario tipo, intervallati da strati di salsa genovese.
La cucina napoletana ci propone lo scammaro, un condimento a base di capperi, pinoli, acciughe e olive nere. Il nome stesso del piatto è legato alla Quaresima. Il termine, infatti, deriva dal contrario di cammarare che in antico napoletano significa mangiar grasso. Si può usare per condire la pasta oppure per fare la frittata di scammaro. Si ottiene condendo gli spaghetti con lo scammaro e facendoli dorare in padella da entrambe le parti. Infine, anche i siciliani hanno saputo trasformare ricette apparentemente povere in piatti molto saporiti, come la pasta con le sarde, arricchita da finocchietto selvatico, zafferano, uvetta e pinoli.
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