Con le nostre strutture Partners abbiamo da sempre un ottimo rapporto e quello che è accaduto questa mattina, 2 febbraio 2017, ci rincuora, ci rattrista, ci sorprende, ci delude, ci entusiasma, ci scoraggia. Sì, un mix di sensazioni come quelle che Anna Marino, giovane ragazza di 23 anni e figlia del proprietario del Casale il Baronetto, ha raccolto nei suoi racconti che ci ha voluto inviare e che, con grande piacere, ti proponiamo.
L’appello che ci ha rivolto il papà Josef non ci ha lasciati indifferenti
Sono racconti tratti dalla vita reale vissuta in Abruzzo, sotto la neve e sopra il terremoto… lo “zio Terry”. Racconti toccanti che descrivono gli attimi e le giornate passate in quella che, inizialmente, sembrava essere una sana ed abbondante nevicata di gennaio.
Racconti in grado di portaci “là sotto” e di illustrarci anche la parte brutta di questa Italia, che a volte è molto generosa e solidale ma spesso, come scrive la stessa Anna, tenta di arricchirsi sulla sfortuna altrui.
Riportiamo i racconti così come ci sono stati inviati. Condividerli, per noi, vuol dire dare la possibilità di imparare dal passato! Per questo, sentiti libero di divulgarli a tua volta.
Il Diario del Casale: Il ritorno di “Zio Terry ”
Blackout al Casale.
Tutto buio.
Mi girai nel letto pensando di aver dormito solo
qualche ora.
Guardai la sveglia: le 9.30 del mattino.
Scesi in cucina ancora in pigiama, aprii la porta,
un vento gelido mi svegliò vivacemente.
Corsi verso il focolare: camino acceso, l’acqua in
cucina borbottava sulla stufa, già azionata dal
fuochista di casa.
“Che tepore” pensai.
Una tazza di buon latte caldo, un muffin
cioccolatoso conservato dalla mamma per il mio
rientro e Lillo, che con il suo sorriso sdentato era
venuto a darmi il buongiorno.
Una mattinata normale..
“Anna manca la luce! Hai visto quanta neve?!
La desideravi tanto per il tuo compleanno ed è
arrivata in anticipo!”
Ogni anno Gennaio mi ha da sempre regalato una coperta di neve, più o meno
abbondante, non era una novità.
Ma nel pensare questo Leopoldo iniziò a starnazzare a più non posso, così come la
moglie Gertrude e le sue amiche. Implacabili dovemmo andare a vedere cosa stesse
succedendo.
Beh, con sorpresa vedemmo il trasloco dalle loro casette a quella di Simba.
Ma come era possibile?! Anche il cane sembrava guardarle con aria sorpresa.
La notte passata Gennaio aveva proprio esagerato. La coperta di neve era diventato un
piumone pesante.
Le papere riuscivano addirittura a camminare all’altezza del recinto.
Nel vedere questa scena così buffa che rasentava l’assurdo iniziai a ridere, ma qualcuno
subito fece sentire la sua presenza.
Mi prese per i piedi e mi scosse forte, così forte che mi sentii sballottolare.
Lì capii.
Era tornato lo zio Terry.
“Tutti fuori, il terremoto!”
Il boato.
Tutto inziò a tremare.
Tremavano le porte, tremavano le finestre, tremavano i tavoli con le sedie, tremavo io e la
mano di mia madre, tremava la voce di mio padre.
“Dove andiamo?”
Muro di neve.
“Di qua!” eccone un altro.
In gabbia. Animali bracconati.
Silenzio.
La neve.
Era rimasta solo la neve.
La neve che ha quel magico dono di zittire il mondo.
Lo fa in quel modo così delicato che il terremoto sembrava esser stato un incubo e basta.
Immaginato.
Solo nella propria testa.
“Scavo una via di fuga”disse mio padre “rimanete sotto al portico”riferendosi a me e a mia
madre.
La sua voce si trasformò in un rantolo.
Non era di una persona.
Tutto tremò.
Di nuovo.
Esattamente come prima.
Ci aggrappammo al palo del portico.
Una valanga di neve cadde dal tetto.
Il muro divenne una cinta.
Questo successe per ben quattro volte.
Per quattro volte capimmo di essere impotenti. Per quattro volte aspettammo la nostra
sorte. Per quattro volte il tremore della terra era fuso al tremore delle nostre membra.
Silenzio.
La neve.
Il diario del Casale: 16 Gennaio a.C (2017)- 25 Gennaio a. C.(2017)
Dopo che lo zio Terry ci fece spaventare
con il suo ritorno, capimmo che
qualcosa stava succedendo.
Non eravamo più nel 21esimo secolo.
Come in un film sembrava fossimo stati
catapultati in un’ epoca passata.
Tutto innevato. Senza luce, né
termosifoni, né acqua.
Tutto semplicemente bianco.
Poi venne sera, il bianco divenne nero,
le fiammelle delle candele non riuscivano
ad illuminare il buio.
Rantolii.. borbottii.. la terra si preparava
per la notte.
7 del mattino.
Mi svegliai che sembrava sera. Le persiane non si aprivano.
Un metro e mezzo di neve.
Terzo giorno senza corrente. Terzo giorno nella preistoria.
Il tempo sembrava si fosse fermato. Era un’ illusione spazzata via dai cinquanta centimetri di neve
aggiunti nella notte.
Una radiolina a pile ci teneva in connessione con il mondo :”stasera un’ora di liscio qui su radio
Ciao”
Quella sera due candeline si aggiunsero a fare luce. Era il mio compleanno. 23 anni sotto zero.
La situazione diventava sempre più fredda, ma il focolare continuava a donare il suo calore. Il
camino non smetteva di ardere. Ancor più vivo bruciava la sua legna, messa al riparo
previdentemente nei giorni passati. Ma non c’era solo lui a tener caldi. Il focolare era fatto anche
dall’affetto e dalle mani amorevoli dei miei genitori che imbandirono una festa svuota freezer
“Dobbiamo festeggiare, qui qualcuno diventa vecchia!” disse mia madre, tirando dal congelatore
le provviste ormai da consumare.
Così perdemmo un congelatore. Un anno di lavoro, sacrificio, cura e costanza.
Improvvisamente la festa privata venne interrotta da rumori meccanici. Impossibile! Ricordavano
macchine della nostra era. Era arrivata la turbina. La prigionia stava per finire.
Neve
Iniziava un altro giorno.
Ma questo non era come quelli passati. Avevamo la speranza di uscire e fare rifornimenti di
candele, generatore e beni primari.
Spaliamo, spaliamo, spaliamo
Troppa
Troppa per quattro braccia, troppa anche per sei .
Eravamo sempre in trappola.
Cellulari senza campo, ancora senza corrente, ancora senza termosifoni.
“pirulì”
“pirulì”
“pirulì”
Un suono a cui uno non era più abituato. Era il cellulare della mamma il più arcaico rispetto ai
nostri, aveva resistito al cataclisma. Così si riaccese la speranza. Chiamai Michela “arrivo!”
Le braccia divennero otto, il muro divenne muretto e poi trincea.
Si liberò la macchina, ma quando ci riconnettemmo con il mondo capimmo che la reclusione non
era stata poi tanto un male.
Ci serviva un generatore, prezzi assurdi per salvare il proprio lavoro. Così la benzina, ben fornita in
un punto, a secco in un altro. I rincari erano sottolineati dall’esigenza. Ma è così che si diventa
ricchi, sulla sfortuna altrui.
Ritorniamo sul nostro cucuzzolo.
“questo che è accaduto è tutta memoria. Da qui si può solo imparare
Ora, il Casale il Baronetto ha voglia di ricominciare ed è proprio questa la forza dell’Abruzzo e di tutte le zone d’Italia colpite dalle sciagure. Vuole ripartire da un validissimo progetto che a breve vi racconteremo.
Ad ogni modo, non bisogna lasciarli soli e dimenticare la loro storia e quella ci centinaia e centinaia di persone come loro. Condividere la loro esperienza magari potrà dare un aiuto, anche solo morale.