Addio al riciclo, ora ci pensa un bruco. È questa la scoperta della scienziata italiana, Federica Bertocchini. Una scoperta non da poco: un bruco mangia-plastica che potrebbe dare nuovo impulso al riciclo per liberare acque e suoli. Si tratta della larva della tarma della cera, Galleria Mellonella, un parassita degli alveari. È un bruco comunemente usato come esca dai pescatori, ma sembra sia capace di mangiare e a degradare il polietilene. Ossia, ciao ciao plastica!
Il bruco: che scoperta!
La scoperta è avvenuta per caso. La biologa italiana ha l’hobby dell’apicoltura e, sistemando gli alveari, l’anno scorso si è accorta che erano pieni di questi bachi. Nel tentativo di ripulire i suoi alveari, ha raccolto i bachi in una borsa di plastica. Qualche ora dopo, però, si è accorta che la busta di plastica era già piena di buchi e le larve libere. Questo semplice e banale aneddoto potrebbe essere alla base di una scoperta importantissima nel nostro trattamento dei rifiuti.
Così nasce questo studio. Federica Bertocchini, dell’Istituto di Biomedicina e Biotecnologia di Cantabria, in Spagna, si è messa in contatto con Paolo Bombelli e Christopher Howe, del dipartimento di Biochimica dell’università di Cambridge. Tutti insieme hanno programmato un esperimento.
L’esperimento
Un centinaio di larve sono state poste vicino a una busta di plastica. È stato osservato che, già a distanza di 40 minuti, sono comparsi i primi buchi. Dopo 12 ore, la massa della busta si era ridotta di 92 milligrammi: un ritmo di degradazione che i ricercatori hanno giudicato estremamente rapido, soprattutto rispetto a quello finora osservato in altri microrganismi capaci di digerire la plastica. Infatti, alcune specie di batteri nell’arco di una giornata riescono a degradare 0,13 milligrammi.
Si tratta ora di capire come questo bruco riesca a mangiare la plastica. Gli scienziati hanno dato una risposta. “Sono animali che si cibano della cera d’api. E la cera è un ricco complesso di molecole diverse, che però contiene un legame analogo a quello che sostiene la robusta struttura molecolare del polietilene: una catena di atomi di carbonio che si ripete” spiega la biologa. “Quindi, dal punto di vista evolutivo, ha senso che il baco riesca a nutrirsi di plastica”. Il meccanismo metabolico preciso sarà oggetto di un prossimo studio.
“Per ora con i nostri esperimenti abbiamo capito che la degradazione della plastica non avviene solo per la semplice azione masticatoria – e quindi meccanica – del baco, ma proprio per un processo chimico” aggiunge Bertocchini. “Abbiamo infatti spalmato sul polietilene un impasto di G. mellonella , notando che la degradazione ha luogo”. Da un’analisi chimica più approfondita si potrà scoprire l’enzima o il batterio antiplastica nascosto nel sistema digestivo della larva. «Se un solo enzima è stato responsabile di questo processo chimico, la sua riproduzione in grande scala con metodi biotecnologici potrà essere possibile», ha affermato Paolo Bombelli.
Il peso della plastica
Ne abbiamo già parlato qui: le conseguenze della plastica sul pianeta sono pericolosissime. Il polietilene, il cibo di cui è ghiotto il nostro bruco, viene usato principalmente per gli imballaggi e rappresenta il 40% dei prodotti plastici usati in Europa. E ben il 38% della plastica finisce nelle discariche. Riuscite a quantificare l’inquinamento prodotto?
Non solo. L’inquinamento prodotto dalla plastica è una delle tematiche più serie e preoccupanti per il futuro dell’uomo. Circa un trilione di sacchetti di plastica vengono usati ogni anno. Rappresenta un peso enorme per l’ambiente, poiché il polietilene risulta fortemente resistente. Ancora più danni provoca questo materiale all’ambiente quando comincia a decomporsi: si frammenta e riesce a diffondersi in maniera ancor più capillare nell’ecosistema. Ma come dimenticarci dell’isola di plastica che galleggia nell’Oceano Pacifico? Si tratta del Pacific Trash Vortex ed è il caso esemplare di quest’emergenza. Questo immenso accumulo di plastica sta lentamente compromettendo gli ecosistemi marini e non solo.
Forse, però, ora ci salverà un bruco.