Il suo sogno era salvare l’ultimo mulino a pietra della propria regione, la Calabria. Ma ha fatto molto di più. Nel giro di appena tre mesi, infatti, è riuscito a raccogliere mezzo milione di euro. Con un appello su Facebook Stefano Caccavari, 27enne originario di San Floro, in provincia di Catanzaro, ha creato la più grande startup agricola del mondo. E le aspirazioni di questo ragazzo non finiscono qui.


Il mulino: il successo di un sogno


Tutto è cominciato da un sogno di Stefano Caccavari, uno studente di economia a Catanzaro. Un ragazzo che ha a cuore la salvaguardia del territorio. Infatti, il suo obiettivo è quello di rilanciare la sua terra partendo dall’agricoltura. E così nasce Mulinum, un progetto per salvare l’ultimo mulino a pietra naturale della sua zona che rischiava di chiudere. La stessa zona che un tempo, fino al 1961, era chiamata la Valle dei Mulini.

Quando Caccavari ha saputo che la Calabria stava per perdere l’ultimo mulino a pietra certificato bio, ha pensato che fosse il momento di salvare la tradizione della sua terra, la Valle dei mulini. Per questo ha scelto di avviare una raccolta fondi via social network chiedendo aiuto su Facebook. Un crowdfunding poco ortodosso, ma di successo, tanto che nel giro di 48 ore erano già state versate 70mila euro. In meno dei tre mesi fissati come limite per la raccolta, si è arrivati al traguardo di 500mila euro e i soci del progetto sono diventati in tutto 100. Le donazioni per questo bellissimo progetto sono arrivate da tutto il mondo: Pechino, New York, Londra, Miami. Ci ha messo la faccia e ha avuto successo.


Il mulino e la pietra


E ora il sogno di Stefano è realtà. Il suo sogno era macinare grani antichi in un mulino a pietra: niente rulli né calore, per non scaldare il grano e produrre farine pure come quelle di cento anni fa. Ed è proprio la pietra l’elemento centrale di questa storia coraggiosa. “La pietra macina in purezza – racconta Stefano – in un processo lento e a freddo, che non scalda il grano e non ne brucia le vitamine. Al contrario, i mulini a cilindri, venti volte più veloci, utilizzano rulli elettrici che producono calore. Le farine nate così sono più raffinate e meno nutritive. Non è un caso che i prodotti industriali abbiano una lunga conservazione mentre quelli nati dal mulino a pietra durino al massimo tre mesi”.

A gennaio Stefano, inaugurando il Mulinum, ha vinto la propria scommessa con la sua terra, la Calabria. E con chi è costretto a lasciarla. Sono tantissimi, infatti, i ragazzi tornati in Calabria per lavorare stabilmente al mulino.  In totale sono cinque i dipendenti del Mulinum, una piccola impresa meridionale con un gran futuro davanti a sé.


Il mulino tra passato e futuro


La farina è stato solo il punto di partenza. Dopo poco, si è passati alla produzione di pane, pizza e dolci, la cui vendita on line oggi non riesce a soddisfare la domanda. I suoi prodotto sfornati quotidianamente vengono spediti in tutta Italia. E allora perché non aprire un franchising? Questa è l’idea che comincia a serpeggiare. Sono tantissimi i progetti giunti da tutta Italia, a partire dalla prima succursale della Mulinum Spa, che dovrebbe aprire in Val d’Orcia. Anche stavolta la via seguita è il crowdfunding.

Nella prima raccolta fondi in diversi si poteva partecipare alla campagna puntando qualche centinaia d’euro. Per toccare il milione d’euro, invece, adesso è possibile versare solo quote superiori ai mille euro. Questo, però, non ha frenato il successo della raccolta. Infatti, la campagna di equity crowdfunding sarebbe già a quota 70%. A dimostrazione che la tecnologia può rivelarsi anche uno strumento per creare. Quindi, è ufficiale: la caccia agli investitori per i mulini da costruire nelle altre regioni è partita.

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